Continuo infinito presente, 1985 (1997)

cavi d'acciaio
∅ 700 cm
L'acqua delle fontane, e poi la musica
Arrivando a Carrara per il primo sopralluogo ho incontrato un prete che stava uscendo dai locali della chiesa con una bicicletta, un’immagine d’altri tempi, e questi mi dice ‘vai subito in chiesa, c’è un organista che suona’. Siamo entrati, Luciano Massari ed io, e abbiamo ascoltato in silenzio quella musica. Questa memoria per me è diventata fortissima, così che tutto il lavoro [...] ha un legame molto forte con questo primo momento, l’acqua delle fontane, e poi la musica.
(Remo Salvadori in conversazione con Domenico Scudero, in Remo Salvadori. Né da né verso, brochure della mostra, Carrara 2016)
L’opera non si impone come oggetto, ma come ritmo, flusso, ripetizione che genera un continuum percettivo
Con Remo Salvadori, la materia si piega a una logica di risonanza e continuità, un processo in cui il fare si sottrae alla finitezza dell’opera per inscriversi in una temporalità espansa. Continuo infinito presente (1985-1997) è il dispositivo di questa attitudine: un campo aperto in cui il marmo di Carrara, lavorato nel 1997, si fa vettore di un’esperienza in divenire, dove l’arte non si consuma in un istante ma prolunga il suo stato in una durata senza fine.
L’opera non si impone come oggetto, ma come ritmo, flusso, ripetizione che genera un continuum percettivo. La geometria si dissolve nel tempo, la scultura si fa evento. La forma, sempre in tensione tra struttura e dissoluzione, non è mai una cifra chiusa, ma un’apertura, un attraversamento. Qui il presente non è un punto ma un processo, un moto perpetuo in cui la materia e la mente si incontrano in una vibrazione comune.
In questa logica, il marmo non è solo memoria della scultura occidentale, ma una superficie attiva, un’onda che rilancia l’esperienza del visibile. Il tempo non è più una linea, ma un cerchio che si riapre di continuo, in cui l’atto del guardare e del percepire rigenera l’opera stessa.
Salvadori costruisce così un campo energetico, in cui il confine tra opera e spazio, tra creazione e contemplazione, si annulla. Continuo infinito presente è l’innesto di una condizione di permanenza mobile, una soglia in cui l’arte non si esaurisce, ma resta aperta, disponibile a ogni possibile esistenza.
[Testo di prova]
"Remo Salvadori. Né da né verso", Piazza Duomo, Carrara, 2016
Photo © Agostino Osio

Continuo infinito presente, 1985 (1997)

cavi d'acciaio
∅ 700 cm
L'acqua delle fontane, e poi la musica
Arrivando a Carrara per il primo sopralluogo ho incontrato un prete che stava uscendo dai locali della chiesa con una bicicletta, un’immagine d’altri tempi, e questi mi dice ‘vai subito in chiesa, c’è un organista che suona’. Siamo entrati, Luciano Massari ed io, e abbiamo ascoltato in silenzio quella musica. Questa memoria per me è diventata fortissima, così che tutto il lavoro [...] ha un legame molto forte con questo primo momento, l’acqua delle fontane, e poi la musica.
(Remo Salvadori in conversazione con Domenico Scudero, in Remo Salvadori. Né da né verso, brochure della mostra, Carrara 2016)
L’opera non si impone come oggetto, ma come ritmo, flusso, ripetizione che genera un continuum percettivo
Con Remo Salvadori, la materia si piega a una logica di risonanza e continuità, un processo in cui il fare si sottrae alla finitezza dell’opera per inscriversi in una temporalità espansa. Continuo infinito presente (1985-1997) è il dispositivo di questa attitudine: un campo aperto in cui il marmo di Carrara, lavorato nel 1997, si fa vettore di un’esperienza in divenire, dove l’arte non si consuma in un istante ma prolunga il suo stato in una durata senza fine.
L’opera non si impone come oggetto, ma come ritmo, flusso, ripetizione che genera un continuum percettivo. La geometria si dissolve nel tempo, la scultura si fa evento. La forma, sempre in tensione tra struttura e dissoluzione, non è mai una cifra chiusa, ma un’apertura, un attraversamento. Qui il presente non è un punto ma un processo, un moto perpetuo in cui la materia e la mente si incontrano in una vibrazione comune.
In questa logica, il marmo non è solo memoria della scultura occidentale, ma una superficie attiva, un’onda che rilancia l’esperienza del visibile. Il tempo non è più una linea, ma un cerchio che si riapre di continuo, in cui l’atto del guardare e del percepire rigenera l’opera stessa.
Salvadori costruisce così un campo energetico, in cui il confine tra opera e spazio, tra creazione e contemplazione, si annulla. Continuo infinito presente è l’innesto di una condizione di permanenza mobile, una soglia in cui l’arte non si esaurisce, ma resta aperta, disponibile a ogni possibile esistenza.
[Testo di prova]