Tazza, 1986

tela Claessens di Waregem, cera, pigmento
100 x 60 cm
La stanza è sempre questa
"La stanza è sempre questa:
il pensiero presente.
Tutto è a vista, tutto è invisibile.
L'eroico accostarsi delle tazze.
Tutte sono una.
Pervenute da altre caratteri,
si pongono silenziose.
Percorsi temporali, parole e azioni.
Lasciare fuori, ora
La macchina dei molti io,
Porsi verso il sé
Compiere il miracolo,
nel momento:
poter vedere."
(Testo dattiloscritto, 19 settembre 1986, archivio dell'artista, Milano; pubblicato come Una poesia di Remo Salvadori, in "Spazio Umano/Human Space", n. 2, aprile 1987, pp. 138-139)
Poggiata su un prato la tazza rifletteva i raggi del sole
"Durante un suo soggiorno in Australia, nel 1980, Salvadori aveva fotografato una tazza con un interno dorato appartenuta alla nonna di sua moglie Sally Benjamin, la quale lasciando la Germania nel 1938 l’aveva portata via con sé. Poggiata su un prato la tazza rifletteva i raggi del sole e nel fare la foto l’artista si era accorto della presenza della propria ombra nello scatto. Da questa interferenza e da un oggetto apparentemente ordinario come può essere una tazza, era scaturita un’attenta riflessione in cui l’elemento emotivo (“quell’oggetto, per la sua storia e per il tempo che rappresentava, mi aveva colpito moltissimo”) si era ampliato fino a comprendere alcuni eventi esterni accidentali, come il riflesso della luce del sole e la sua ombra, che a loro volta, coniugati alla spinta creativa, avevano portato nel tempo alla nascita dell’opera che dal 1986 sarà chiamata Tazza."
(Antonella Soldaini, Remo Salvadori: la sovrana naturalità del vivente, in Remo Salvadori, a cura di Antonella Soldaini, Skira, Milano 2025, p. 41)

Tazza, 1986, in "Chambres d'amis", Gent, 1986
Photo © Giorgio Colombo

Tazza, 1986

tela Claessens di Waregem, cera, pigmento
100 x 60 cm
La stanza è sempre questa
"La stanza è sempre questa:
il pensiero presente.
Tutto è a vista, tutto è invisibile.
L'eroico accostarsi delle tazze.
Tutte sono una.
Pervenute da altre caratteri,
si pongono silenziose.
Percorsi temporali, parole e azioni.
Lasciare fuori, ora
La macchina dei molti io,
Porsi verso il sé
Compiere il miracolo,
nel momento:
poter vedere."
(Testo dattiloscritto, 19 settembre 1986, archivio dell'artista, Milano; pubblicato come Una poesia di Remo Salvadori, in "Spazio Umano/Human Space", n. 2, aprile 1987, pp. 138-139)
Poggiata su un prato la tazza rifletteva i raggi del sole
"Durante un suo soggiorno in Australia, nel 1980, Salvadori aveva fotografato una tazza con un interno dorato appartenuta alla nonna di sua moglie Sally Benjamin, la quale lasciando la Germania nel 1938 l’aveva portata via con sé. Poggiata su un prato la tazza rifletteva i raggi del sole e nel fare la foto l’artista si era accorto della presenza della propria ombra nello scatto. Da questa interferenza e da un oggetto apparentemente ordinario come può essere una tazza, era scaturita un’attenta riflessione in cui l’elemento emotivo (“quell’oggetto, per la sua storia e per il tempo che rappresentava, mi aveva colpito moltissimo”) si era ampliato fino a comprendere alcuni eventi esterni accidentali, come il riflesso della luce del sole e la sua ombra, che a loro volta, coniugati alla spinta creativa, avevano portato nel tempo alla nascita dell’opera che dal 1986 sarà chiamata Tazza."
(Antonella Soldaini, Remo Salvadori: la sovrana naturalità del vivente, in Remo Salvadori, a cura di Antonella Soldaini, Skira, Milano 2025, p. 41)